L’aumento delle temperature medie rilevate durante i mesi invernali ha indotto una riduzione del periodo di letargo delle zecche in Trentino, stimolandone una precoce attività. Nonostante il periodo di maggiore attività sia normalmente da maggio a metà giugno, con temperature sono superiori alla media anche nei mesi di marzo e aprile è possibile incontrare i parassiti in ambienti con vegetazione cespugliosa e boschiva, dal fondovalle fino ai 1.400 metri. Lo riporta una nota della Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige, che da oltre 20 anni monitora la presenza di patogeni pericolosi per l’uomo nelle popolazioni di zecche della provincia attraverso un’unità di ecologia applicata.
Attualmente, sotto osservazione è la valle dei Laghi, su cui proseguirà il monitoraggio dei parassiti sui roditori selvatici, i principali serbatoi degli agenti patogeni trasmessi dalle zecche. Ma l’attività di ricerca verrà svolta anche in altre aree del Trentino, con particolare riferimento allo studio della situazione nelle aree colpite dalla tempesta Vaia.
I dati sinora raccolti hanno infatti evidenziato un aumento delle zecche in queste aree, dimostrando come gli effetti indiretti dei cambiamenti climatici contribuiscano all’aumento del rischio sanitario per numerosi patogeni, soprattutto di quelli a trasmissione vettoriale.
La zecca dei boschi, Ixodes ricinus, inizia la ricerca dell’ospite per effettuare il pasto di sangue necessario per completare il suo ciclo di sviluppo non appena le temperature risalgono sopra i 7-10 gradi centigradi, ma localmente anche inferiori, come nei versanti esposti a sud.
Possono trasmettere pericolose malattie per l’uomo e per gli animali e in Trentino le più diffuse sono la malattia di Lyme e l’Encefalite da zecche (Tbe).
La prima è causata da un batterio e necessita di una cura antibiotica, mentre la seconda viene trasmessa da un virus per il quale l’Azienda provinciale per i servizi sanitari (Apss) offre la vaccinazione gratuita ai residenti.
(ANSA)