È un blackout comunicativo quello che fa viaggiare su due rette parallele ospedali e servizi sanitari territoriali del Trentino-Alto Adige. Specialisti ospedalieri e medici di famiglia si consultano raramente, mentre in otto casi su dieci i pazienti arrivano in reparto senza che si sappia nulla dei loro trascorsi in fatto di salute perché il fascicolo sanitario elettronico è aggiornato appena una volta su cinque.
È la fotografia offerta dalla ricerca condotta dalla Federazione dei medici internisti ospedalieri (Fadoi) su un campione rappresentativo di strutture regionali.
Non deve quindi stupire – si legge in una nota – se in media un ricovero su cinque si sarebbe potuto evitare con una migliore presa in carico dei pazienti da parte dei servizi territoriali. Il che in numeri assoluti fa 28.000 ricoveri evitabili all’anno, pari a uno spreco di circa 84 milioni di euro, calcolando che il costo medio di un ricovero è di circa 3.000 euro.
A proposito di ricoveri impropri, sono in media il 10% quelli di natura “sociale” più che sanitaria, ossia di pazienti che avrebbero potuto essere assistiti anche a casa se solo esistesse un servizio di assistenza domiciliare o una rete familiare in grado di accudirli.
Solo per il 33% dei medici questi problemi potranno essere risolti da ospedali e da case di comunità, fulcro della riforma sanitaria territoriale finanziata complessivamente con oltre 7 miliardi del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Per il 22% degli internisti ospedalieri del Trentino-Alto Adige occorre prima di tutto un provvedimento, ancora mancante, che fornisca indicazioni precise su quali professionisti del territorio (e con quale modalità) debbano lavorare nelle nuove strutture, mentre per un altro 22% occorrono regole che disegnino il rapporto tra queste strutture e l’ospedale. Per un altro 44%, infine, servono piattaforme informatiche comuni tra l’ospedale e le strutture del territorio.
(ANSA)