Continuando il ciclo di catechesi su “I vizi e le virtù”, dall’Aula Paolo VI Papa Francesco incentra la sua riflessione sul tema dell’accidia.
“Tra tutti i vizi capitali ce n’è uno che spesso passa sotto silenzio, non se ne parla, forse a motivo del suo nome che a molti risulta poco comprensibile: sto parlando dell’accidia. Nel catalogo dei vizi, infatti, il termine accidia viene spesso sostituito da un altro di uso molto più comune: la pigrizia”.
Chi ne cade vittima si sente schiacciato quasi da un desiderio di morte, l’accidia è una tentazione davvero pericolosa che provoca in chi la vive disgusto per tutto. Il rapporto con Dio, poi, diventa noioso e anche gli atti più santi, quelli che in passato gli avevano scaldato il cuore, gli appaiono ora del tutto inutili.
Come spiega ancora il Pontefice, è immediata l’associazione qualcosa che ricorda molto il male della depressione, sia da un punto di vista psicologico che filosofico. Per chi è preso dall’accidia, infatti, la vita perde di significato, pregare risulta noioso, ogni battaglia appare priva di senso.
“Se anche in gioventù abbiamo nutrito passioni, adesso ci appaiono illogiche, sogni che non ci hanno reso felici. Così ci si lascia andare e la distrazione, il non pensare, appaiono come le uniche vie d’uscita: si vorrebbe essere storditi, avere la mente completamente vuota… È un po’ un morire in anticipo. E’ brutto questo vizio”, spiega ancora il Pontefice.
Il più importante rimedio a questo male insidioso è la pazienza della fede. “Benché sotto la sferza dell’accidia il desiderio dell’uomo sia di essere altrove, di evadere dalla realtà, bisogna invece avere il coraggio di rimanere e di accogliere nel mio “qui e ora”, nella mia situazione così com’è, la presenza di Dio. I monaci dicono che per loro la cella è la miglior maestra di vita, perché è il luogo che concretamente e quotidianamente ti parla della tua storia d’amore con il Signore”, dice bene il Pontefice.
La battaglia contro l’accidia non ha risparmiato nemmeno i santi, perché in tanti loro diari c’è qualche pagina che confida momenti tremendi, di vere e proprie notti della fede, dove tutto appariva buio. “Questi santi e queste sante” conclude il Papa “ci insegnano ad attraversare la notte nella pazienza accettando la povertà della fede”.
(ACI Stampa)