Per Papa Francesco, “la devastazione del creato è una offesa a Dio”. E per questo, in una ora definita “urgente” si appella a tutti i grandi della terra riuniti a Dubai per il COP28, la 28esima conferenza delle parti sul cambiamento climatico organizzata dalle Nazioni Unite. Dopo aver scritto l’enciclica Laudato Si alla vigilia della COP21 di Parigi, e l’esortazione Laudate Deum alla vigilia di questo appuntamento, Papa Francesco decide di spendersi in prima persona.
Il discorso non è pronunciato dal Papa, come avrebbe voluto, ma dal Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, che è andato a rappresentarlo. Il Papa ha dovuto rinunciare al viaggio per via di una bronchite – ha ammesso lui stesso – in via di guarigione, ma che ancora rende rischiosi i robusti sbalzi di temperatura cui sarebbe stato sottoposto negli Emirati.
Il Papa lo scrive: “Non posso essere insieme a voi, come avrei desiderato, ma sono con voi perché l’ora è urgente”. Sottolinea che “la devastazione del creato è un’offesa a Dio, un peccato non solo personale ma strutturale che si riversa sull’essere umano, soprattutto sui più deboli, un grave pericolo che incombe su ciascuno e che rischia di scatenare un conflitto tra le generazioni”.
Addirittura, Papa Francesco chiede se “lavoriamo per una cultura della vita o della morte”, utilizzando le argomentazioni in genere applicate sulle questioni della legislazione della vita come aborto e eutanasia ad un tema più ampio e omnicomprensivo. In sostanza, cultura della vita è, per Papa Francesco, la cultura che sceglie di prendersi cura della casa comune.
“Ascoltiamo – esorta il Papa – il gemere della terra, prestiamo ascolto al grido dei poveri, tendiamo l’orecchio alle speranze dei giovani e ai sogni dei bambini! Abbiamo una grande responsabilità: garantire che il loro futuro non sia negato”.