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03 Set 2023

Papa Francesco nella ger mongola dove tradizione e futuro si incontrano

“La Mongolia si percepisce con i sensi”, così Papa Francesco ha definito questo viaggio pastorale in Mongolia. Due discorsi, molti riferimenti alla cultura locale, la speranza di ripartire che sempre ritorna, nella mentalità, nei gesti, nel modo di vivere del popolo mongolo. Ed è proprio la ricerca della connessione con la storia antica e della pax mongolica che il pontefice si augura di poter estendere anche ad un’Europa in conflitto, a quella della profondità, che è quella che si percepisce negli spazi larghi delle steppe.

Impossibile, infatti, comprendere la Mongolia senza capirne il profondo radicamento con la tradizione. I mongoli sono ancora un popolo nomade. Le periferie di Ulaanbatar, la capitale, sono piene di ger, le tende, stabilite da quanti partono dalle periferie per cercare migliore fortuna in città. Una città fatta a strati concentrici: ci sono le ger, poi ci sono i palazzoni (alcuni non terminati) di stile soviettico, quando la Mongolia non era parte dell’Unione Sovietica ma vi era radicalmente intrecciata; quindi c’è il nucleo centrale della città dove si trovano edifici occidentali, alti grattacieli misti a pagode, palazzi moderni a volte mal tenuti, e la piazza centrale, dedicata a Cinghiss Khan, come si chiama correttamente in mongolo. Al centro, il mausoleo per il rivoluzionario Damdi Sùhabatar che aveva dato il via al Paese socialista, ma nel 2005 questo venne sostituito dal monumento al famoso imperatore a cavallo. Segno di un Paese che voleva lasciare alle spalle i settanta anni di socialismo, che avevano spazzato via anche la tradizione religiosa, e voleva ricostruirsi nella sua identità.

È in quella piazza che c’è il Palazzo del Parlamento. Ed è lì che Papa Francesco viene accolto per la cerimonia di benvenuto dal presidente Ukhnaagiin Khürelsükh, vestito in abito tradizionale mongolo. E il Papa, straordinariamente in Hyundai Equus e non nella consueta Fiat 500XL, viene accolto da una parata d’onore di cavalieri in antica uniforme mongola, e viene portato fino alla statua enorme di Cinghiss Khan che campeggia all’ingresso del palazzo, per un omaggio.

Ed è proprio nella suggestiva ger, la tipica tenda del popolo nomade mongolo, alla tradizione della suun dalai ijii, secondo la quale attraverso l’apertura superiore della ger la luce feconda la regina Alungoo, che avviene l’incontro ricco di significato e di speranza tra Papa Francesco e il Presidente mongolo.

Papa Francesco guarda alla sapienza antica degli “allevatori e coltivatori prudenti” della Mongolia, sempre attenti a “non rompere i delicati equilibri dell’ecosistema”. Una sapienza che “ha molto da insegnare a chi oggi non vuole chiudersi nella ricerca di un miope interesse particolare, ma desidera consegnare ai posteri una terra ancora accogliente e feconda”.

(ACI STAMPA)