Noi abbiamo bisogno di Gesù, ma anche Gesù ha bisogno di noi, della nostra vita e della nostra testimonianza di una vita autenticamente cristiana. Papa Francesco si affaccia dalla finestra dello suo studio nel Palazzo Apostolico, in una piazza che è tornata un po’ a riempirsi dopo i giorni di zona rossa. E, commentando il Vangelo del giorno prima della preghiera del Regina Coeli, che sostituisce l’Angelus durante il tempo pasquale, Papa Francesco chiede ai cristiani di “rimanere in Gesù”, come lo stesso Gesù chiede nel Vangelo del giorno. E poi, sottolinea la maratona di preghiera per la fine della pandemia iniziata ieri; e chiede una Ave Maria dedicata alla Chiesa del Myanmar e alla situazione; ricorda la beatificazione del medico dei poveri di Caracas Hernandez Cisneros, avvenuta lo scorso 30 aprile; esprime cordoglio per le vittime dell’incidente sul Monte Meron in Israele; e invia i suoi auguri alle Chiese ortodosse e latine di rito orientale, che oggi celebrano la Pasqua, con un particolare pensiero per quelle che si trovano in maggiore difficoltà.
Nel Vangelo, Gesù sottolinea di essere lui la vite e noi i tralci, e il Papa costruisce il suo commento a partire da lì, e da quel verbo rimanere che compare sette volte nel Vangelo. “Prima di lasciare questo mondo e andare al Padre – sottolinea Papa Francesco – Gesù vuole rassicurare i suoi discepoli che possono continuare ad essere uniti a Lui”.
Ma il rimanere di Gesù non è “un rimanere passivo, un addormentarsi dal Signore”; ma piuttosto “un rimanere attivo, e anche reciproco” perché “i tralci senza la vite non possono fare nulla, hanno bisogno della linfa per crescere e per dare frutto”, ma “anche la vite ha bisogno dei tralci, perché i frutti non spuntano sul tronco dell’albero”.
Questo significa, dice Papa Francesco, che prima di tutto abbiamo bisogno di Gesù, che “prima dell’osservanza dei suoi comandamenti, prima delle beatitudini, prima delle opere di misericordia, è necessario essere uniti a Lui, rimanere in Lui”. Solo così si può essere buoni cristiani, perché “con Lui possiamo tutto”.
Allo stesso tempo, Gesù “ha bisogno di noi, ha bisogno della nostra testimonianza”, ed è proprio quello il frutto che dobbiamo dare, “la testimonianza della nostra vita cristiana”.
Dopo che Gesù sale al padre, i discepoli continuano ad annunciare il Vangelo “testimoniando il suo amore”, che è “il frutto da portare”, perché “attaccati a Cristo, riceviamo i doni dello Spirito Santo, e così possiamo fare del bene al prossimo e alla società, alla Chiesa”.
Papa Francesco ammonisce però che “la fecondità della nostra vita dipende dalla preghiera”, e per questo “possiamo chiedere di pensare come Lui, agire come Lui, vedere il mondo e le cose con gli occhi di Gesù. E così amare i nostri fratelli e sorelle, a cominciare dai più poveri e sofferenti, come ha fatto Lui, e amarli con il suo cuore e portare nel mondo frutti di bontà, di carità e di pace”.
Dopo il Regina Coeli, Papa Francesco continua: “Venerdì scorso a Caracas in Venezuela è stato beatificato José Gregorio Hernandez Cisneros. Era un medico pieno di scienza e di fede, ha saputo riconoscere nei malati il volto di Cristo e come un buon samaritano li ha soccorsi in carità evangelica”.
Quindi, il Papa invia i “migliori auguri ai nostri fratelli e sorelle delle Chiese ortodosse e delle Chiese orientali latine che oggi celebrano la solennità della Pasqua. Il Signore risorto vi ricolmi di pace e conforti le comunità che vivono in situazioni particolarmente difficili”.
Papa Francesco ricorda poi che “samo entrati nel mese di maggio, in cui la pietà popolare esprime la devozione della Vergine Maria. Quest’anno sarà caratterizzato da una maratona di preghiera in molti santuari per invocare la fine della pandemia”, di cui la prima tappa è stata ieri a San Pietro. E il Papa “sponsorizza” “una iniziativa della Chiesa birmana, che mi sta molto a cuore che invita a pregare per la pace dedicando una Ave Maria” proprio al Myanmar. Papa Francesco invita a chiedere “alla nostra madre del cielo di parlare al cuore di tutti i responsabili del Myanmar, perché trovino il coraggio di percorrere la strada dell’incontro e della pace”.
Quindi una preghiera per le vittime dell’incidente monte Meron che ha provocato la morte di 45 persone e numerosi feriti e un “pensiero all’associazione Meter, che incoraggio a continuare nell’impegno in favore dei bambini vittime di violenza e sfruttamento. Saluto di cuore tutti voi qui presenti” e ai membri del Movimento Politico dell’Unità del Movimento dei Focolari, fondato 25 anni fa.
(ACI Stampa)