Con due modifiche all’Ordinamento Giudiziario dello Stato di Città del Vaticano pubblicato appena un anno fa, Papa Francesco toglie l’esclusività di giudicare i Cardinali alla Corte di Cassazione vaticana. Anche il Tribunale vaticano può, adesso, giudicare un cardinale accusato, anche se serve sempre l’assenso del Papa. Una novità che mostra anche una ulteriore centralizzazione della giustizia vaticana nelle mani del Tribunale.
Sono due tratti di penna alla legge CCCLI del 16 marzo 2020 a provocare le modifiche. La prima è l’abrogazione totale dell’articolo 24, in cui si legge: “La corte di cassazione è la sola competente a giudicare, previo assenso del Sommo Pontefice, gli Eminentissimi Cardinali e gli Eccellentissimi Vescovi nelle cause penali, fuori dei casi previsti dal canone 1405, § 1 del Codex Iuris Canonici”.
Per spiegare, il canone 1405 stabilisce il foro personale del Romano Pontefice a iure, con la conseguenza giuridica dell’incompetenza assoluta di qualsiasi altro giudice. Dunque, secondo il canone, capi di Stato, Cardinali, Legati della Sede Apostolica sono obbligati per legge a rivolgersi al Papa nelle cause previste da un altro canone, il 1401.
Il canone 1401 sottolinea a sua volta che la Chiesa giudica cause aventi ad oggetto beni spirituali, come ad esempio la validità di un battesimo, di un matrimonio o di un’ordinazione sacra, e quelli annessi alle cose spirituali, ovvero quelle che hanno carattere accessorio rispetto a queste ultime, come legati pii, alienazioni e altro. La Chiesa giudica anche la violazione delle leggi ecclesiastiche e di tutto ciò in cui ricorre la ratio peccati, da interpretarsi non in senso morale, ma giuridico. È evidente che non si parla di cause civili.
Oltre alla cancellazione, una aggiunta: Papa Francesco aggiunge un paragrafo all’articolo 6 della Legge CCCLI. L’articolo, dedicato alla composizione del tribunale prima recitava: “1. Il tribunale è composto dal presidente e da altri quattro magistrati ordinari. 2. Almeno uno dei magistrati ordinari del tribunale svolge le sue funzioni in regime di tempo pieno, senza avere rapporti di lavoro subordinato né svolgere attività libero-professionali con carattere continuativo. 3. Il tribunale giudica in collegio di tre magistrati, designati dal presidente del tribunale tenendo conto delle loro competenze professionali e della natura del procedimento”. Ora vi si aggiunge un paragrafo, il 4, in cui si legge: : “4. Nelle cause che riguardino gli Eminentissimi Cardinali e gli Eccellentissimi Vescovi, fuori dei casi previsti dal can. 1405 § 1, il tribunale giudica previo assenso del Sommo Pontefice.”.
Nella parte introduttiva del Motu Proprio, Papa Francesco si riferisce alla Costituzione conciliare Lumen Gentium, secondo la quale “tutti sono chiamati alla santità e hanno ugualmente la bella sorte della fede per la giustizia di Dio”, e alla Costituzione conciliare Gaudium et Spes, in cui si sottolinea che “tutti gli uomini hanno la stessa natura e la medesima origine”, principio – sottolinea Papa Francesco –“pienamente recepito nel codice di diritto canonico del 1983, che al canone 208 stabilisce: ‘fra tutti i fedeli […] sussiste una vera eguaglianza nella dignità e nell’agire […]’.”
Secondo il Papa, “la consapevolezza di tali valori e princìpi, progressivamente maturata nella comunità ecclesiale, sollecita oggi un sempre più adeguato conformarsi ad essi anche dell’ordinamento vaticano”. Per questo, Papa Francesco ricorda che nel suo discorso di inaugurazione dell’anno giudiziario aveva chiesto che “nel sistema processuale vigente emerga la eguaglianza tra tutti i membri della Chiesa e la loro pari dignità e posizione, senza privilegi risalenti nel tempo e non più consoni alle responsabilità che a ciascuno competono nella aedificatio Ecclesiae; il che richiede non solo solidità di fede e di comportamenti, ma anche esemplarità di contegno ed azioni”.
Le modifiche sono fatte, spiega il Papa, al fine di “assicurare a tutti un giudizio articolato in più gradi ed in linea con le dinamiche seguite dalle più avanzate esperienze giuridiche a livello interazionale”.
Fino ad ora, i cardinali potevano essere giudicati solo dalla Corte di Cassazione della Città del Vaticano, il tribunale di ultima istanza dello Stato che è costituito da due cardinali membri, un promotore di giustizia ecclesiastico e un notaro. Presidente è il Cardinale Dominique Mamberti, prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica. Era stata istituita dalla legge del 21 novembre 1987.
I cardinali potevano essere giudicati solo dalla Cassazione perché venivano giudicati solo da loro pari, essendo diretti collaboratori del Papa. In questo modo, si rafforzava anche la collegialità del Papa con i cardinali. In qualche modo, ora invece tutto si sbilancia a favore dell’idea monarchica dello Stato, in cui tutti gli altri cittadini sono egualmente giudicati. Allo stesso tempo, si accentrano ulteriormente le competenze sul Tribunale Vaticano, che ha già visto unificare il Promotore di Giustizia di Tribunale di primo grado e corte di appello.
Con un motu proprio dell’8 febbraio recante “modifiche in materia di giustizia” che, di fatto, Papa Francesco ridimensionava molto il ruolo della Corte d’Appello vaticana. Nella legge CCCLI, si leggeva che “l’ufficio del promotore di giustizia esercita in autonomia e indipendenza le funzioni di pubblico ministero e le altre assegnategli dalla legge”. Nel nuovo testo, è specificato che “l’ufficio del promotore di giustizia esercita in autonomia e indipendenza, nei tre gradi di giudizio, le funzioni di pubblico ministero e le altre assegnategli dalla legge”. E poi ancora: “Nei giudizi di appello le funzioni di pubblico ministero sono esercitate da un magistrato dell’ufficio del promotore di giustizia, designato ai sensi dell’articolo 13, comma 1”.
Non si parla, insomma, del Promotore di Giustizia della Corte di Appello, ma di un solo promotore di giustizia.
Sarà, questo, tema di discussione. Alcuni osservatori non esitano a notare che questa centralizzazione delle attività del Tribunale costituisca una “vaticanizzazione” della Santa Sede, in cui l’equilibrio tra lo Stato che deve sussistere la Santa Sede e la Santa Sede come soggetto internazionale si sbilancia a favore del primo.
(ACI Stampa)