Winnie-the-Pooh, Yogi, l’inglesissimo Paddington. E, ancora, l’amico di Masha, Baloo, Koda e il protagonista della Grande casa blu. Per non parlare dell’indimenticabile Little John. Non c’è animale più presente dell’orso nel nostro immaginario collettivo, tant’è che ciascuno di noi ne aveva almeno un pupazzo con cui dormire e giocare. Ma, nonostante la sua indole sia solitamente tranquilla, l’orso è potenzialmente letale. Lo si è visto anche negli ultimi giorni, con l’aggressione di un turista francese – rimasto ferito – nel territorio del comune di Dro, e prima ancora con la morte di Andrea Papi il 5 aprile dello scorso anno, ucciso dall’orsa Jj4. È proprio dal caso Papi che prende il via ‘Pericolosamente vicini’, documentario di Andreas Pichler che uscirà nei cinema italiani il 26, 27 e 28 agosto. Un’analisi del rapporto tra trentini e orsi, protagonisti di una condizione di convivenza sul territorio unica nel suo genere, perché da nessun’altra parte l’uomo e questo animale vivono a così stretto contatto. E un’occasione per capire meglio i punti di vista di tutte le parti in causa: dal team di 20 persone, tra forestali e veterinari, incaricato di proteggere sia gli umani che gli orsi, ai cittadini dell’area, passando poi per gli attivisti. Sguardi diversissimi, che tessono il racconto di quanti siano i modi in cui possiamo rapportarci con la natura. “Sta pascolando, tranquillo tranquillo… Come una pecora”, mormora dietro il cannocchiale Alessandro De Guelmi, ex veterinario, in una scena del film. Un fascino emozionato ed emozionante che tocca anche oltre lo schermo. Ma basta poco e lo spettatore viene catapultato nella rabbia di Fabio Mattei, allevatore locale che più volte ha perso capi di bestiame per gli attacchi degli orsi, e in quella di Carlo e Franca, i genitori di Andrea Papi. Raccontando la storia del progetto di reintroduzione dell’orso bruno nella regione, iniziato nel 1999, il documentario poi indaga anche quali siano i risultati del programma e, soprattutto, quale possa esserne il futuro ora che esistono un centinaio di esemplari. E cerca poi di analizzare le possibili soluzioni alla presenza di soggetti ‘problematici’ o ostili nei confronti dell’essere umano. Lo fa attraverso le parole dei ranger e veterinari della zona, dando spazio anche agli animalisti che hanno lottato per non far morire Jj4. Ma non solo. Ascoltiamo anche l’opinione di Bernd Nonnenmacher, direttore dell’Alternative Wolf and Bear Park nella Foresta Nera, in Germania, che racconta – non senza una certa amarezza – che persino un’area protetta potrebbe non essere il posto più giusto per un orso che ha bisogno di libertà.
(ANSA).