Quello che resta più impresso del viaggio del Papa in Mongolia è forse il momento in cui entra nella ger di Tsetsege, la donna che ha trovato una piccola statua della Madonna in una discarica. In quel gesto, c’era molto della storia del viaggio: una casa portatile, segno del nomadismo di un popolo, portata proprio nel cortile della Chiesa, dove il Papa ha potuto toccare con mano cosa è la vita nella ger; una Vergine che appare all’improvviso là dove non ce la si aspetterebbe, e non tanto perché sta in una discarica, ma perché quella discarica è in un posto dove ci sono pochissimi cattolici; e una Chiesa che capisce l’importanza simbolica di tutto questo, e porta quella statua nella sua cattedrale.
Con la sua presenza, Tsetsege rappresentava in qualche modo tutto il popolo mongolo.Quella mongola è una storia che si misura in millenni. Nell’antichità, era l’impero con la maggiore estensione territoriale del mondo, ma riuscì a vivere la cosiddetta Pax Mongolica grazie anche alla tolleranza dei Khan, che si circondavano di dotti ed erano tolleranti sulle religioni. Fu così che arrivarono i missionari, prima i nestoriani nel VII secolo, e poi le missioni diplomatiche cattoliche, con Fra’ Giovanni Pian del Carpine che arrivò con una lettera di Innocenzo IV alla corte dell’imperatore 777 anni fa, e riportò al Papa la risposta di Gublay Khan.
L’ultimo incontro di Papa Francesco è stato per inaugurare la Casa della Misericordia, e incontrare gli operatori della carità. Il Papa ha detto che la Chiesa che è in Mongolia vive come la Chiesa degli apostoli, in “comunione, liturgia, servizio e testimonianza”, come proprio le quattro colonne della grande ger.
Il Papa ha lodato il lavoro dei missionari arrivati negli Anni Novanta, ha notato la straordinaria quantità di progetti messi in campo, ha sottolineato che “la Casa della Misericordia si propone come punto di riferimento per una molteplicità di interventi caritativi, mani tese verso i fratelli e le sorelle che faticano a navigare tra i problemi della vita”.
Papa Francesco ha lodato anche il nome scelto, “Casa della misericordia”, che è per lui “la definizione della Chiesa”, e che deve nutrirsi di volontariato, che può sembrare “una scommessa perdente”, ma che in un Paese pieno di giovani “dedicarsi al volontariato può essere una via di crescita personale e sociale decisiva”. Anche perché anche gli stati più tecnologici e avanzati non coprono tutto con la previdenza sociale.